Le Carceri, su progetto di Michele Locatelli (1753) occupano un edificio al lato della piazza che riprende lo stile già acquisito dal Palazzo comunale. Posti nei sotterranei dell’edificio, i graffiti sono databili tra la seconda metà del settecento e l’ottocento.

Foto presa da
“Vetralla lungo la Via Francigena”
a cura di Davide Ghaleb Editore

Il territorio vetrallese possiede una ricca documentazione di scrittura graffita inserita in vari contesti monumentali: la chiesetta dell’Ave Maria; le Carceri; la Collegiata di S. Andrea; una delle grotte di S. Antonino a Valle Caiano. I graffiti dei carcerati costituiscono una categoria a sé stante. I carcerati si annoiano, non comunicano con nessuno e spesso vivono in una condizione di disperazione. Per questo passano parte del loro tempo a scrivere o disegnare sui muri che li separano dal mondo. I graffiti dei carcerati vetrallesi sono cronologicamente collocabili fra la seconda metà del Settecento e l’Ottocento.

Il più antico fra quelli databili è quello di tale Agostino Tarantino, che ricorda di essere carcerato “per soddisfazione del curato Mancini, li 25 Maggio 1766”, senza specificare il motivo.

Al contrario, Domenico Sorrentini “fugli carcerato per una bugerona di Vetralla perché mi ci trovò la mia madre”.

Un discorso a parte meriterebbero i due graffiti rinvenuti nella grotta di S. Antonino a Valle Caiano, durante una delle passeggiate organizzate dall’Associazione Vetralla Città D’Arte. Si tratta certamente di testimonianze di notevolissimo valore storico per la possibilità che offrono di una datazione quasi ad annum – nell’ambito del secondo quarto del IV secolo – e per il contenuto.

Fonte: Studi Vetrallesi, Carlo Tedeschi